lunedì 29 aprile 2013

CREATIVITA'


CREATIVITA’


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“Buongiorno S., come stai?”
“Bene grazie anche se, sai com’è, son tempi duri…”
Il mio amico S. è un giovane di talento. Simpatico,intelligente, competente. E disoccupato.
Mi racconta di come ha perso il lavoro a causa della azienda che ha chiuso e di come si sia rivelata inconcludente la ricerca di un nuovo posto, nonostante il suo brillante curriculum.
“In molti mi dicono di lasciare l’Italia ma io – mi dice – adoro questo straordinario paese e vorrei continuare a cercare lavoro qui”.


Caro S., temo che la “ricerca di un lavoro” per come l’abbiamo intesa fino ad oggi si rivelerebbe una logorante frustrazione e che finirebbe solo per debilitarti fisicamente e psicologicamente.
Ma c’è una cosa che puoi fare: inventartene uno.
Inventarsi un lavoro implica attivarsi e mettere in moto un processo creativo che determinerà una serie di conseguenze ed eventi che rendono molto più probabile l’approdo a qualche risultato, rispetto alla mera ricerca di un “posto” che oggi ha alte probabilità di rivelarsi inconcludente.
“Creatività, mi dici… ma io sono un tecnico che con la creatività ha avuto poco a che fare. creativi si nasce!”
Ecco – mi dico- un altro luogo comune, un mito da sfatare.

Purtroppo della creatività si hanno spesso concetti limitati e parziali, quando non completamente inappropriati.

Spessissimo - nella concezione comune - la creatività si traduce nel rompere (si noti bene: non nel superare, ma nel trasgredire) le regole, ed è un fatto privato che può rendere la vita più gratificante appagando il narcisismo individuale.
Altre volte si risolve in un hobby da coltivare senza troppe pretese nel tempo libero, o magari coincide con la capacità di destreggiarsi astutamente in campo lavorativo.
Insomma: nella pratica quotidiana, per i nostri connazionali, la creatività non è altro che una versione più sofisticata dell’arte di arrangiarsi.
Non c’è dunque da meravigliarsi se la prima grande ricerca sull’idea che gli italiani nel loro complesso hanno della creatività, svolta da Eurisko nel 2004, restituisce percezioni superficiali e contraddittorie: per un intervistato su due la creatività è importante per moda (60% di risposte positive) e cucina (43%). Per poco più di uno su venti (6% di risposte positive) è importante per l’economia.

Storicamente del tutto differenti l’attenzione e l’atteggiamento di altri paesi, e specie del mondo anglosassone, in primis gli Stati Uniti ma non solo, verso l’idea stessa di creatività intesa come motore del progresso umano: la preziosa e peculiare attitudine degli individui a scovare soluzioni nuove, a scoprire elementi e connessioni sconosciute, a sperimentare e a inventare.
  


Al concetto di creatività sono da tempo associati studi e applicazioni molto pragmatiche, ben lungi dalla ingenua visione di “genio e sregolatezza”.
Agli inizi del secolo scorso, nel 1906, il matematico francese Henri Poincaré, pubblica su “Scienza e Metodo” uno dei primi, e forse ancor oggi la più convincenti studi sulla “creatività”. Pochi anni dopo è il tedesco Wolfgang Köhler, uno dei fondatori della Psicologia della Gestalt, a coniare il termine insight per definire l’illuminazione creativa e a intuirne la natura istantanea e inattesa, ma non certo spontanea e “gratuita”.
Innumerevoli studi e pubblicazioni sono da allora seguite e oggi è ormai ampiamente consolidata una definizione secondo la quale la creatività consiste non tanto nell’ inventare nuove forme o concetti quanto nel

TROVARE CONNESSIONI NUOVE E UTILI
TRA ELEMENTI DISTANTI TRA LORO



Ciò fa oltretutto della creatività  un importantissimo fattore di adattamento e, come tale, costituisce un vantaggio evolutivo oltre che delle specie animali, per gli esseri umani, e si traduce in vantaggio competitivo per le aziende e le nazioni.

Creativi non si nasce, si può invece diventare. E’ dimostrato scientificamente.
Ma attenzione: senza formazione di base e senza preparazione specialistica è impossibile per chiunque immaginare, inventare, e dunque produrre innovazione di valore.
Non crediate che mostri sacri come Michelangelo, Leonardo o Darwin siano giunti ai loro straordinari risultati perché baciati dal soffio divino. Dalle loro biografie, come da tutti coloro che hanno ottenuti risultati creativi, emerge una dedizione e una abnegazione proporzionate alle loro leggendarie intuizioni.

È il Nobel Herbert Simon, padre dell’intelligenza artificiale, a formulare la Teoria dei dieci anni: non si possono ottenere risultati originali in qualsiasi ambito, dagli scacchi alla fisica quantistica, se non dopo almeno un decennio di costante applicazione, e dopo aver interiorizzato almeno cinquantamila chunks (letteralmente: “grossi pezzi”) di informazione.
Creatività, cultura e competenza dunque sono intimamente intrecciate non solo negli studi che indagano le dimensioni dell’ICC (l’industria culturale e creativa). Sono intrecciate perché l’una alimenta l’altra.
La capacità di pensare in modo creativo e di inventare qualcosa di nuovo non è un dono del cielo: è una conquista dell’individuo che decide di mettere a frutto un proprio grande o piccolo talento: studia, impara, sperimenta con tenacia ostinata, dedizione e passione. Lo fa per affermare se stesso. Per sfidarsi. Per curiosità e irrequietezza, per tenere sotto controllo un disagio, per trovare una ragione di vita.
Lo fa essendo disposto a lavorare in modo intensivo (le persone creative sono in genere
workaholic, e il problema non è convincerle a lavorare ma, se mai, a smettere).
Raramente lo fa – su questo tutti gli studiosi concordano – solo per soldi: la motivazione
intrinseca (il senso di gratificazione e orgoglio che ciascuno trae dal proprio saper pensare e saper fare, e dall’essere riconosciuto come persona capace) è, in termini di produzione creativa, molto più potente di quella estrinseca, costituita da premi materiali: la creatività ha una componente epica che andrebbe rispettata, e mai sottovalutata.
  
Fondamentale è l’importanza del contesto nel favorire o contrastare la vocazione creativa dei singoli: e “contesto” significa tante cose. Istruzione e formazione di buona qualità disponibili per tutti, e valorizzazione sociale dell’essere istruiti e formati. Fluidità sociale e meritocrazia. Disponibilità di risorse e di finanziamenti, e trasparenza nell’allocare le une e gli altri. Alta pressione sugli individui perché raggiungano risultati eccellenti, ma disponibilità degli strumenti indispensabili per raggiungerli. Ma anche apertura culturale: si considerino le catastrofiche conseguenze di considerazioni che, ancora nel 2010 un ministro di cui tacceremo il nome, varando una Finanziaria che tagliava i già modesti investimenti nazionali sulla cultura, giustificava la propria scelta a muso duro sostenendo che “la cultura non si mangia”!

E ancora: capacità di integrare conoscenze, esperienze, generazioni, generi.
Diversi studi dimostrano che la creatività dei gruppi non è correlata tanto alla creatività individuale dei singoli partecipanti quanto alla varietà di competenze, esperienze e prospettive che ciascun gruppo esprime nel suo complesso.
 
 In questa logica occorre sottolineare che istituire e promuovere in ogni campo, con forza, un patto generazionale per il trasferimento di conoscenze può fare, per lo sviluppo della creatività, molto più e meglio che un “largo ai giovani” detto così, a prescindere. In altre parole: buttar via l’acqua sporca insieme all’anziano esperto può rivelarsi, nel tempo, una pessima idea.

Ma a questo punto, considerato il carattere pratico che ci proponiamo di conferire ai post di questo blog, passeremo a qualche stimolo per avviare in voi lo sviluppo di facoltà per essere creativi.
Naturalmente i risultati dipenderanno, oltre che dallo zelo che dimostrerete nell’ esercitarvi, anche dalla intraprendenza che vi porterà a ulteriori e personali metodi per evolvere le vostre capacità.
Ricordiamo che abbiamo definito la creatività come la capacità di trovare connessioni nuove e utili, tra elementi distanti tra loro.

Iniziamo quindi con un esercizio classico, che denomineremo “multiuso”:
Elencate almeno 10 impieghi che potete fare di un oggetto di uso comune, per esempio uno stuzzicadenti. Sbizzarritevi nell’immaginare le più creative associazioni fra l’oggetto e i suoi possibili usi, e vedrete che l’elenco si allungherà sorprendentemente!
Passate poi ad altri oggetti (una pipa, una spugna, pile scariche…) e ciò conferirà alla vostra mente elasticità e nuove connessioni di neuroni.

Come secondo esercizio vi proponiamo di prendere una matita e un foglio e di disegnare (va bene anche uno scarabocchio) un nuovo mezzo di trasporto, della forma, dimensioni e materiali che preferite. L’importante è che si possa muovere e trasportare una o più persone. Divertitevi!

Terzo esercizio.
Inventate almeno tre storie (brevi o lunghe, non importa) contenenti le seguenti parole: ritardo - caffè - ricamo – pirata – errore – capovolto – sicuro.

Prendetelo come uno svago: comunque vada sarà un successo!
Ma sappiate che ciò che otterrete dipenderà – più che dalla vostro “talento creativo”, che pure contribuirà in una certa misura – dalla vostra cultura, apertura mentale, predisposizione, stato d’animo, conoscenze tecniche, esperienza, concentrazione…
Le muse vanno in soccorso a chi se lo merita.

L’invito con il quale vi lasciamo è infine quello di privilegiare la frequentazione di ambienti stimolanti e trasversali e a non circoscrivere le vostre relazioni al rassicurante circuito dei “soliti noti”.

Uscite! Osate! Impegnatevi! Sperimentate!
Questo è il momento di sviluppare la vostra creatività.


3 commenti:

  1. proverò a fare gli esercizi proposti

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    1. “Si come il ferro s'arrugginisce sanza esercizio, e l'acqua si putrefà o nel freddo s'addiaccia, così lo ‘ngegno sanza esercizio si guasta."
      L. Da Vinci

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  2. Buongiorno Massimo!
    Mi piacerebbe poterla contattare: lavoro per un'azienda austriaca in espansione italiana!
    Grazie
    Francesca Villa
    natura.benessere.bio@gmail.com

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