CREATIVITA’
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“Buongiorno S., come stai?”
“Bene grazie anche se, sai com’è, son tempi duri…”
Il mio amico S. è un giovane di talento.
Simpatico,intelligente, competente. E disoccupato.
Mi racconta di come ha perso il lavoro a causa
della azienda che ha chiuso e di come si sia rivelata inconcludente la ricerca
di un nuovo posto, nonostante il suo brillante curriculum.
“In molti mi dicono di lasciare l’Italia ma io – mi
dice – adoro questo straordinario paese e vorrei continuare a cercare lavoro
qui”.
Caro S., temo che la “ricerca di un lavoro” per
come l’abbiamo intesa fino ad oggi si rivelerebbe una logorante frustrazione e
che finirebbe solo per debilitarti fisicamente e psicologicamente.
Ma c’è una cosa che puoi fare: inventartene uno.
Inventarsi un lavoro implica attivarsi e mettere in
moto un processo creativo che
determinerà una serie di conseguenze ed eventi che rendono molto più probabile
l’approdo a qualche risultato, rispetto alla mera ricerca di un “posto” che oggi
ha alte probabilità di rivelarsi inconcludente.
“Creatività, mi dici… ma io sono un tecnico che con
la creatività ha avuto poco a che fare. creativi si nasce!”
Ecco – mi dico- un altro luogo comune, un mito da sfatare.
Purtroppo
della creatività si hanno spesso concetti
limitati e parziali, quando non completamente inappropriati.
Spessissimo
- nella concezione comune - la creatività si traduce nel rompere (si noti bene:
non nel superare, ma nel trasgredire) le regole, ed è un fatto privato che può
rendere la vita più gratificante appagando il narcisismo individuale.
Altre
volte si risolve in un hobby da coltivare senza troppe pretese nel tempo
libero, o magari coincide con la capacità di destreggiarsi astutamente in campo
lavorativo.
Insomma:
nella pratica quotidiana, per i nostri connazionali, la creatività non è altro che
una versione più sofisticata dell’arte di arrangiarsi.
Non
c’è dunque da meravigliarsi se la prima grande ricerca sull’idea che gli
italiani nel loro complesso hanno della creatività, svolta da Eurisko nel 2004,
restituisce percezioni superficiali e contraddittorie: per un intervistato su
due la creatività è importante per moda (60% di risposte positive) e cucina
(43%). Per poco più di uno su venti (6% di risposte positive) è importante per
l’economia.
Storicamente
del tutto differenti l’attenzione e l’atteggiamento di altri paesi, e specie
del mondo anglosassone, in primis gli Stati Uniti ma non solo, verso l’idea stessa di creatività intesa come
motore del progresso umano: la
preziosa e peculiare attitudine degli individui a scovare soluzioni nuove, a
scoprire elementi e connessioni sconosciute, a sperimentare e a inventare.
Al concetto di creatività sono da tempo associati
studi e applicazioni molto pragmatiche, ben lungi dalla ingenua visione di
“genio e sregolatezza”.
Agli
inizi del secolo scorso, nel 1906, il matematico francese Henri Poincaré, pubblica
su “Scienza e Metodo” uno dei primi, e forse ancor oggi la più convincenti studi
sulla “creatività”. Pochi anni dopo è il tedesco Wolfgang Köhler, uno dei
fondatori della Psicologia della Gestalt, a coniare il termine insight per definire l’illuminazione
creativa e a intuirne la natura istantanea e inattesa, ma non certo spontanea e
“gratuita”.
Innumerevoli
studi e pubblicazioni sono da allora
seguite e oggi è ormai ampiamente
consolidata una definizione secondo la quale la creatività consiste non tanto
nell’ inventare nuove forme o concetti quanto nel
TROVARE CONNESSIONI
NUOVE E UTILI
TRA ELEMENTI
DISTANTI TRA LORO
Ciò
fa oltretutto della creatività un
importantissimo fattore di adattamento
e, come tale, costituisce un vantaggio
evolutivo oltre che delle specie animali, per gli esseri umani, e si
traduce in vantaggio competitivo per
le aziende e le nazioni.
Creativi non si nasce, si può invece diventare. E’ dimostrato
scientificamente.
Ma
attenzione: senza formazione di base e senza preparazione specialistica è
impossibile per chiunque immaginare, inventare, e dunque produrre innovazione
di valore.
Non
crediate che mostri sacri come Michelangelo, Leonardo o Darwin siano giunti ai
loro straordinari risultati perché baciati dal soffio divino. Dalle loro
biografie, come da tutti coloro che hanno ottenuti risultati creativi, emerge
una dedizione e una abnegazione proporzionate alle loro leggendarie intuizioni.
È
il Nobel Herbert Simon, padre dell’intelligenza artificiale, a formulare la
Teoria dei dieci anni: non si possono ottenere risultati originali in qualsiasi
ambito, dagli scacchi alla fisica quantistica, se non dopo almeno un decennio
di costante applicazione, e dopo
aver interiorizzato almeno cinquantamila chunks (letteralmente: “grossi pezzi”)
di informazione.
Creatività, cultura e competenza dunque sono intimamente intrecciate non solo negli
studi che indagano le dimensioni dell’ICC (l’industria culturale e creativa).
Sono intrecciate perché l’una alimenta
l’altra.
La
capacità di pensare in modo creativo e di inventare qualcosa di nuovo non è un dono
del cielo: è una conquista dell’individuo
che decide di mettere a frutto un proprio grande o piccolo talento: studia,
impara, sperimenta con tenacia ostinata, dedizione e passione. Lo fa per
affermare se stesso. Per sfidarsi. Per curiosità e irrequietezza, per tenere
sotto controllo un disagio, per trovare una ragione di vita.
Lo
fa essendo disposto a lavorare in modo intensivo (le persone creative sono in
genere
workaholic, e il problema non è convincerle a lavorare ma, se
mai, a smettere).
Raramente
lo fa – su questo tutti gli studiosi concordano – solo per soldi: la
motivazione
intrinseca
(il senso di gratificazione e orgoglio
che ciascuno trae dal proprio saper pensare e saper fare, e dall’essere
riconosciuto come persona capace) è, in termini di produzione creativa, molto
più potente di quella estrinseca, costituita da premi materiali: la creatività
ha una componente epica che andrebbe rispettata, e mai sottovalutata.
Fondamentale
è l’importanza del contesto nel
favorire o contrastare la vocazione creativa dei singoli: e “contesto”
significa tante cose. Istruzione e formazione di buona qualità disponibili per
tutti, e valorizzazione sociale dell’essere istruiti e formati. Fluidità
sociale e meritocrazia. Disponibilità di risorse e di finanziamenti, e
trasparenza nell’allocare le une e gli altri. Alta pressione sugli individui
perché raggiungano risultati eccellenti, ma disponibilità degli strumenti indispensabili per
raggiungerli. Ma anche apertura culturale: si considerino le catastrofiche
conseguenze di considerazioni che, ancora nel 2010 un ministro di cui tacceremo
il nome, varando una Finanziaria che tagliava i già modesti investimenti
nazionali sulla cultura, giustificava la propria scelta a muso duro sostenendo
che “la cultura non si mangia”!
E
ancora: capacità di integrare
conoscenze, esperienze, generazioni, generi.
Diversi
studi dimostrano che la creatività dei gruppi non è correlata tanto alla
creatività individuale dei singoli partecipanti quanto alla varietà di competenze, esperienze e
prospettive che ciascun gruppo esprime nel
suo complesso.
In
questa logica occorre sottolineare che istituire e promuovere in ogni campo,
con forza, un patto generazionale per il trasferimento di conoscenze può fare,
per lo sviluppo della creatività, molto più e meglio che un “largo ai giovani”
detto così, a prescindere. In altre parole: buttar via l’acqua sporca insieme
all’anziano esperto può rivelarsi, nel tempo, una pessima idea.
Ma
a questo punto, considerato il carattere
pratico che ci proponiamo di conferire ai post di questo blog, passeremo a
qualche stimolo per avviare in voi lo sviluppo di facoltà per essere creativi.
Naturalmente
i risultati dipenderanno, oltre che dallo zelo che dimostrerete nell’
esercitarvi, anche dalla intraprendenza che vi porterà a ulteriori e personali
metodi per evolvere le vostre capacità.
Ricordiamo che abbiamo definito la creatività come la capacità di trovare connessioni nuove e
utili, tra elementi distanti tra loro.
Iniziamo
quindi con un esercizio classico,
che denomineremo “multiuso”:
Elencate
almeno 10 impieghi che potete fare di un oggetto di uso comune, per esempio uno
stuzzicadenti. Sbizzarritevi nell’immaginare le più creative associazioni fra
l’oggetto e i suoi possibili usi, e vedrete che l’elenco si allungherà
sorprendentemente!
Passate
poi ad altri oggetti (una pipa, una spugna, pile scariche…) e ciò conferirà
alla vostra mente elasticità e nuove connessioni di neuroni.
Come
secondo esercizio vi proponiamo di
prendere una matita e un foglio e di disegnare (va bene anche uno scarabocchio)
un nuovo mezzo di trasporto, della forma, dimensioni e materiali che preferite.
L’importante è che si possa muovere e trasportare una o più persone.
Divertitevi!
Terzo esercizio.
Inventate
almeno tre storie (brevi o lunghe, non importa) contenenti le seguenti parole:
ritardo - caffè - ricamo – pirata – errore – capovolto – sicuro.
Prendetelo
come uno svago: comunque vada sarà un successo!
Ma
sappiate che ciò che otterrete dipenderà – più che dalla vostro “talento
creativo”, che pure contribuirà in una certa misura – dalla vostra cultura,
apertura mentale, predisposizione, stato d’animo, conoscenze tecniche,
esperienza, concentrazione…
Le
muse vanno in soccorso a chi se lo merita.
L’invito
con il quale vi lasciamo è infine quello di privilegiare la frequentazione di
ambienti stimolanti e trasversali e a non circoscrivere le vostre relazioni al
rassicurante circuito dei “soliti noti”.
Uscite!
Osate! Impegnatevi! Sperimentate!
Questo
è il momento di sviluppare la vostra creatività.